Wednesday, September 16, 2020

GIACINTO PLESCIA Ontologia dell’ontykona

 

Ontologia dell’ontykona….c’è un’ontosonanza e un ontovisione o una onto-risonanza o un onto-previsione ontoepistemica dell’essere-arte-disarte-dell’ikona-dell’essere delle muse-dismuse abbandonate, ma mai fuggenti, dagli dei-disdei fuggitivi-disfuggitivi.  

Quella ontosonanza e ontovisione-disvisione si eventua alla presenza ontoepistemica del musagete-dismusagete in estatica con-templatezza della ontorisonanza-ontoprevisione delle muse-dismuse-attanziali e seducenti, anzi ontoattanti e introducenti l’ontoducenza della destinanza dell’essere-arte-dell’essere e giammai arte dell’ente o del non-ente o del niente o del nulla: 


giacchè lì si eventua l’ontovisione dell’essere, la visione ontologica dell’esser-arte, la risonanza ontologica dell’aletheia dell’essere compresa solo dall’ontorisonanza del musagete mitico-dismitico-ematopoietico. 

L’epistemica o l’ontica o l’ontoteologia negano l’evidenza di quella comprensione, negano l’esistenza dell’ontovisione e ontosonanza dell’essere, giacchè per loro l’unica visione possibile è quella della mondità: la visione della mondanità è la sola realtà plausibile, anche nella visione clonante dei mondi possibili virtuali o immaginari: esiste per loro l’unica visione del mondo senza l’essere senza essere o esserci alterità, ma la messa-dismessa in opera della verità nell’esser-arte ci svela l’esistenza della visione dell’essere, dell’interesserci, dell’interessere-disinteressere. La visione della mondità vuota giacchè gli dei sono fuggiti è una visione della vivenza dis-ontoteologica e perciò onto-visione dell’esserci del musagete in ontosonanza con le muse-dismuse senza più dei-disdei fuggenti-disfuggenti. Ma gli dei-disdei fuggitivi-disfuggitivi non portano con sé la verità dell’essere o il canto dell’essere o l’ikona dell’essere o la poiesis dell’essere o il mito dell’essere o la gestell dell’essere, anzi quelle varietà dell’essere si sottraggono, non fuggono insieme agli dei, ma soggiornano poeticamente con le muse-dismuse in ontosonanza con la vivenza del musagete-dismusagete che cura la verità dell’essere giammai fuggita attraverso l’onto-visione dell’essere opera d’arte mai fuggita con gli dei, ma che continua ad abitare poeticamente la radura-disradura dell’essere. Gli dei sono fuggiti dal mondo, dalla verità, dal mito, dall’epistemè, dall’esserci, dalle ikone, giammai sono fuggenti dall’essere, giacchè l’essere è indifferente di fronte all’evento della fuga-disfuga degli dei-disdei e non si lascia influenzare dalla loro fuga, infatti gli dei non sono fuggiti e mai possono fuggire dall’essere. Anzi l’essere non fugge mai dal mondo e men che mai dal mondo degli dei o dagli stessi dei-disdei, giacchè l’essere fonda il mondo e la mondità degli dei in fuga-disfuga. Tant’è che con la sua ontovisione-ontosonanza-ontopoetante imaginaria si dà e dà alla luce o si dà e dà al mondo gli dei classici o mitici o ontoteologici o eventuali o morti-risorti o immaginari, si dà e si lascia fuggire gli dei ematopoietici o si lascia sfuggire gli dei-disdei in fuga-disfuga, ma mette in opera, dismette, crea l’attanza intermittente della messa in opera dell’essere arte della creatività dell’essere-sacro, dell’essere-divino, dell’essere il dio-infuga-disfuga dal mondo e dal mito e dalla verità epistemica-disepistemica. L’essere si getta, si dà, disgetta nella mondità l’opera d’arte dell’ontorisonanza-ontovisione-ontopoetante-ontoimaginaria che crea l’ontologia mitopoietica dell’evento post-mortem del divino, dell’evento del dio-che-viene-dal-nulla, dell’eterno ritorno degli dei fuggenti-disfuggenti, qui s’eventua l’ikonopoiesis o l’ikonopoietica dell’essere che si dà quale essere-del-sacro, essere-del-divino, essere-della-mitopoiesis degli dei-disdei in fuga-disfuga nel loro eterno ritorno nell’opera d’arte del musagete-dismusagete. È la dis-apparenza dell’apparenza, il venire alla luce dell’essere che non c’era più, o che si kriptò nell’opera d’arte, per esserci aldilà dell’apparenza epistemica, quale dis-apparenza ontologica dell’ikonapoiesis dell’essere nella sua qualità d’essere arte che consente l’ontovisione dell’essere. Gli dei-disdei fuggenti-disfuggenti o fuggitivi-disfuggitivi sono fuggiti dalla mondità e forse anche dalla mondanità, ma mai sono fuggiti-fuggenti dall’essere, giacchè l’essere non si lascia sfuggire gli dei e gli dei non possono fuggire dal loro essere e forse neanche dal loro esserci: l’essere non fugge né dagli dei, né dalla mondità sacra degli dei, né dalla physis degli dei, né dalla gestell o gegenstand divina, né dalla comprensione epistemica o ermeneutica o mitopoietica o epistemologica degli dei fuggenti-fuggitivi-abbandonanti l’esserci del musagete. Anzi è l’essere che fonda e getta il mondo-degli-dei-disdei, si dà per dare alla luce l’ikonapoiesis trascendente l’ikonoclastia dell’apparenza divina fuggente-disfuggente, lascia fuggire gli dei classici o mitopoietici o gli idola bruciati dall’ikonoclastia mondana per dismettere, mettere in opera l’arte della creatività dell’essere in essere ikonapoiesis, l’arte del’incessante creazione degli dei quale arte dell’essere che getta nella mondità l’opera d’arte dell’onto-risonanza della dis-apparenza poetante imaginaria, la quale sempre crea-discrea l’ikonapoiesis-post-ikonoclastia della re-esistenza, re-surrezione, eventuale degli dei che vengono dal nulla, dell’eterno ritorno degli dei-disdei fuggenti-fuggitivi. È l’ikonapoiesis-post-ikonoclasta che si dà quale essere-arte-del-sacro-essere, dell’essere-divino-essere, della mitopoiesis della dis-apparenza-post-apparenza degli dei-disdei-post-ikonoclastia-ikonopoitica dell’opera d’arte che si disvela quale ontovisione della verità dell’essere-arte-sacra. Gli dei hanno abbandonato l’apparenza mondana per abitare divinamente il mito post-ikonoclasta per essere solo mitopoiesis archeologica, ma non hanno più soggiornato nella radura-diradanza dell’essere: lì nell’abisso-disabisso della spazialità vuota ove l’essere si eventua per abitare la mondità non c’è la presenza-assenza, né l’apparenza-dis-apparenza degli dei-disdei fuggenti-fuggitivi, ma solo l’ontopoiesis o ikonapoiesis-post-ikonoclasta dell’ontosonanza-ontovisiva dell’essere. Per tali eventi l’essere non si sente abbandonato, non avverte l’apparenza-dis-apparenza dell’abbandono, anzi si lascia o lascia che dei abbandonino la mondità per rifugiarsi nel mito-post-ikonoclasta, né l’essere si rivela soccombente dinnanzi alla furia catastrofica e decostruente dell’ikonoclastia mitica dell’apparenza dell’ente-sacro, anzi è indifferente di fronte agli eventi del nihilismo-ikonoclasta attuato dalla tecnè-epistemica-mitoklastica, giacchè la sua ikonopoiesis-post-iconoclasta si dà, si eventua sulle ceneri degli eventi-ikonoclasti-mitoclasti delle entità-sacre-mondane o della mondanità. L’essere ikonapoiesis-post-ikonoclastia della mitopoiesis-post-iconoclasta si eventua anche quando gli dei sono scomparsi, o la loro apparenza è dis-apparenza, o sono fuggiti-disfuggiti dinnanzi alla volontà di potenza iconoclasta o mitoclasta della tecnica ontoteologica, o la loro fuga-disfuga sia approdata nel regno del mito per sottrarsi alla furia decostruttrice dell’iconoclastia o mitoclastia dell’epistemè-tecnè, anche dopo tutti quei possibili e plausibili eventi ed anche quando l’essenza del sacro e del divino si presenti nell’apparenza-dis-apparenza dell’eterno ritorno dell’ikonoclastia o della mitoclastia, anche allora l’essere si dis-oblia con indifferenza nella ikonapoiesis-post-iconoclastia, nell’ontosonanza dell’onto-apparenza-dis-apparenza, nell’ontovisione delle muse-dismuse dell’essere e dell’interessere, della mitopoiesis-post-mitoklastia per soggiornare quale essere-opera-d’arte del musagete-dismusagete e per eventuarsi quale verità ikonopoietica-post-iconoclasta dell’essere, quale aletheia-disaletheia dell’ikonapoiesis-post-iconoclasta della messa in opera dell’esser-arte o della dismessa ikonopoietica-post-ikonoclastica dell’opera d’arte dell’essere. Per tali e tanti eventi ontologici o per tale destinanza-post-mito-iconoclasta anche quando l’opera d’arte è abbandonata dagli dei-disdei in fuga-disfuga per apparenza-destinanza iconoclasta o mitoclasta o ontoteologica o epistemica, l’essere non si cura o è indifferente o cura la sua passione per l’indifferenza per quella fuga-disfuga e quindi mai abbandona la verità ontologica dell’opera d’arte, giacchè la sua ikonapoiesis-post-iconoclasta non è mai scalfita dal nihilismo dell’iconoclastia-mitoclastia epistemica della tecnè dell’apparenza ontica e mondana.

 

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