Ontologia dell’ontykona….c’è un’ontosonanza e un ontovisione o una onto-risonanza o un onto-previsione ontoepistemica dell’essere-arte-disarte-dell’ikona-dell’essere delle muse-dismuse abbandonate, ma mai fuggenti, dagli dei-disdei fuggitivi-disfuggitivi.
Quella ontosonanza e ontovisione-disvisione si eventua alla presenza ontoepistemica del musagete-dismusagete in estatica con-templatezza della ontorisonanza-ontoprevisione delle muse-dismuse-attanziali e seducenti, anzi ontoattanti e introducenti l’ontoducenza della destinanza dell’essere-arte-dell’essere e giammai arte dell’ente o del non-ente o del niente o del nulla:
giacchè lì si eventua l’ontovisione dell’essere, la visione ontologica dell’esser-arte, la risonanza ontologica dell’aletheia dell’essere compresa solo dall’ontorisonanza del musagete mitico-dismitico-ematopoietico.
L’epistemica o
l’ontica o l’ontoteologia negano l’evidenza di quella comprensione, negano
l’esistenza dell’ontovisione e ontosonanza dell’essere, giacchè per loro
l’unica visione possibile è quella della mondità: la visione della mondanità è
la sola realtà plausibile, anche nella visione clonante dei mondi possibili
virtuali o immaginari: esiste per loro l’unica visione del mondo senza l’essere
senza essere o esserci alterità, ma la messa-dismessa in opera della verità
nell’esser-arte ci svela l’esistenza della visione dell’essere,
dell’interesserci, dell’interessere-disinteressere. La visione della mondità
vuota giacchè gli dei sono fuggiti è una visione della vivenza dis-ontoteologica
e perciò onto-visione dell’esserci del musagete in ontosonanza con le
muse-dismuse senza più dei-disdei fuggenti-disfuggenti. Ma gli dei-disdei
fuggitivi-disfuggitivi non portano con sé la verità dell’essere o il canto
dell’essere o l’ikona dell’essere o la poiesis dell’essere o il mito
dell’essere o la gestell dell’essere, anzi quelle varietà dell’essere si
sottraggono, non fuggono insieme agli dei, ma soggiornano poeticamente con le
muse-dismuse in ontosonanza con la vivenza del musagete-dismusagete che cura la
verità dell’essere giammai fuggita attraverso l’onto-visione dell’essere opera
d’arte mai fuggita con gli dei, ma che continua ad abitare poeticamente la
radura-disradura dell’essere. Gli dei sono fuggiti dal mondo, dalla verità, dal
mito, dall’epistemè, dall’esserci, dalle ikone, giammai sono fuggenti
dall’essere, giacchè l’essere è indifferente di fronte all’evento della
fuga-disfuga degli dei-disdei e non si lascia influenzare dalla loro fuga,
infatti gli dei non sono fuggiti e mai possono fuggire dall’essere. Anzi
l’essere non fugge mai dal mondo e men che mai dal mondo degli dei o dagli
stessi dei-disdei, giacchè l’essere fonda il mondo e la mondità degli dei in
fuga-disfuga. Tant’è che con la sua ontovisione-ontosonanza-ontopoetante
imaginaria si dà e dà alla luce o si dà e dà al mondo gli dei classici o mitici
o ontoteologici o eventuali o morti-risorti o immaginari, si dà e si lascia
fuggire gli dei ematopoietici o si lascia sfuggire gli dei-disdei in
fuga-disfuga, ma mette in opera, dismette, crea l’attanza intermittente della
messa in opera dell’essere arte della creatività dell’essere-sacro,
dell’essere-divino, dell’essere il dio-infuga-disfuga dal mondo e dal mito e
dalla verità epistemica-disepistemica. L’essere si getta, si dà, disgetta nella
mondità l’opera d’arte
dell’ontorisonanza-ontovisione-ontopoetante-ontoimaginaria che crea l’ontologia
mitopoietica dell’evento post-mortem del divino, dell’evento del
dio-che-viene-dal-nulla, dell’eterno ritorno degli dei fuggenti-disfuggenti,
qui s’eventua l’ikonopoiesis o l’ikonopoietica dell’essere che si dà quale
essere-del-sacro, essere-del-divino, essere-della-mitopoiesis degli dei-disdei
in fuga-disfuga nel loro eterno ritorno nell’opera d’arte del
musagete-dismusagete. È la dis-apparenza dell’apparenza, il venire alla luce
dell’essere che non c’era più, o che si kriptò nell’opera d’arte, per esserci
aldilà dell’apparenza epistemica, quale dis-apparenza ontologica
dell’ikonapoiesis dell’essere nella sua qualità d’essere arte che consente
l’ontovisione dell’essere. Gli dei-disdei fuggenti-disfuggenti o
fuggitivi-disfuggitivi sono fuggiti dalla mondità e forse anche dalla
mondanità, ma mai sono fuggiti-fuggenti dall’essere, giacchè l’essere non si
lascia sfuggire gli dei e gli dei non possono fuggire dal loro essere e forse
neanche dal loro esserci: l’essere non fugge né dagli dei, né dalla mondità
sacra degli dei, né dalla physis degli dei, né dalla gestell o gegenstand
divina, né dalla comprensione epistemica o ermeneutica o mitopoietica o
epistemologica degli dei fuggenti-fuggitivi-abbandonanti l’esserci del
musagete. Anzi è l’essere che fonda e getta il mondo-degli-dei-disdei, si dà
per dare alla luce l’ikonapoiesis trascendente l’ikonoclastia dell’apparenza
divina fuggente-disfuggente, lascia fuggire gli dei classici o mitopoietici o
gli idola bruciati dall’ikonoclastia mondana per dismettere, mettere in opera
l’arte della creatività dell’essere in essere ikonapoiesis, l’arte
del’incessante creazione degli dei quale arte dell’essere che getta nella
mondità l’opera d’arte dell’onto-risonanza della dis-apparenza poetante
imaginaria, la quale sempre crea-discrea l’ikonapoiesis-post-ikonoclastia della
re-esistenza, re-surrezione, eventuale degli dei che vengono dal nulla,
dell’eterno ritorno degli dei-disdei fuggenti-fuggitivi. È
l’ikonapoiesis-post-ikonoclasta che si dà quale essere-arte-del-sacro-essere,
dell’essere-divino-essere, della mitopoiesis della dis-apparenza-post-apparenza
degli dei-disdei-post-ikonoclastia-ikonopoitica dell’opera d’arte che si
disvela quale ontovisione della verità dell’essere-arte-sacra. Gli dei hanno
abbandonato l’apparenza mondana per abitare divinamente il mito
post-ikonoclasta per essere solo mitopoiesis archeologica, ma non hanno più
soggiornato nella radura-diradanza dell’essere: lì nell’abisso-disabisso della
spazialità vuota ove l’essere si eventua per abitare la mondità non c’è la
presenza-assenza, né l’apparenza-dis-apparenza degli dei-disdei
fuggenti-fuggitivi, ma solo l’ontopoiesis o ikonapoiesis-post-ikonoclasta
dell’ontosonanza-ontovisiva dell’essere. Per tali eventi l’essere non si sente
abbandonato, non avverte l’apparenza-dis-apparenza dell’abbandono, anzi si
lascia o lascia che dei abbandonino la mondità per rifugiarsi nel
mito-post-ikonoclasta, né l’essere si rivela soccombente dinnanzi alla furia
catastrofica e decostruente dell’ikonoclastia mitica dell’apparenza
dell’ente-sacro, anzi è indifferente di fronte agli eventi del
nihilismo-ikonoclasta attuato dalla tecnè-epistemica-mitoklastica, giacchè la
sua ikonopoiesis-post-iconoclasta si dà, si eventua sulle ceneri degli
eventi-ikonoclasti-mitoclasti delle entità-sacre-mondane o della mondanità.
L’essere ikonapoiesis-post-ikonoclastia della mitopoiesis-post-iconoclasta si
eventua anche quando gli dei sono scomparsi, o la loro apparenza è
dis-apparenza, o sono fuggiti-disfuggiti dinnanzi alla volontà di potenza
iconoclasta o mitoclasta della tecnica ontoteologica, o la loro fuga-disfuga
sia approdata nel regno del mito per sottrarsi alla furia decostruttrice
dell’iconoclastia o mitoclastia dell’epistemè-tecnè, anche dopo tutti quei
possibili e plausibili eventi ed anche quando l’essenza del sacro e del divino
si presenti nell’apparenza-dis-apparenza dell’eterno ritorno dell’ikonoclastia
o della mitoclastia, anche allora l’essere si dis-oblia con indifferenza nella
ikonapoiesis-post-iconoclastia, nell’ontosonanza
dell’onto-apparenza-dis-apparenza, nell’ontovisione delle muse-dismuse
dell’essere e dell’interessere, della mitopoiesis-post-mitoklastia per
soggiornare quale essere-opera-d’arte del musagete-dismusagete e per eventuarsi
quale verità ikonopoietica-post-iconoclasta dell’essere, quale
aletheia-disaletheia dell’ikonapoiesis-post-iconoclasta della messa in opera
dell’esser-arte o della dismessa ikonopoietica-post-ikonoclastica dell’opera
d’arte dell’essere. Per tali e tanti eventi ontologici o per tale
destinanza-post-mito-iconoclasta anche quando l’opera d’arte è abbandonata
dagli dei-disdei in fuga-disfuga per apparenza-destinanza iconoclasta o
mitoclasta o ontoteologica o epistemica, l’essere non si cura o è indifferente
o cura la sua passione per l’indifferenza per quella fuga-disfuga e quindi mai
abbandona la verità ontologica dell’opera d’arte, giacchè la sua
ikonapoiesis-post-iconoclasta non è mai scalfita dal nihilismo
dell’iconoclastia-mitoclastia epistemica della tecnè dell’apparenza ontica e
mondana.
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