Nel febbraio 1988, la Gesamtausgabe delle opere di Heidegger si è arricchita del testo delle lezioni del 1936 e degli appunti del 1941-43 sul problema della libertà in Schelling, già pubblicato separatamente nel 1971 a cura di Hildegard Feick.
La prima
apparizione di questa opera, senz'altro fra 'le più importanti ed esplicative di
Heidegger", fu commentata in Italia da Valerio Verra e Pietro De Vitus.
La proposta di lettura venuta da Verra era orientata in senso storico-filosofico. H Il testo heideggeriano fornisce infatti la possibilità di saggiare direttamente la consistenza del rapporto con l'idealismo tedesco, anche alla luce delle proposte interpretative già formulate da Walter Schulz in un libro divenuto ormai un punto di riferimento imprescindibile per gli studi sul secondo Schelling.
L'immagine di un tardo Schelling precursore dell'esistenzialismo in quanto gi� oltre l'idealismo, secondo Schulz, non regge: "Non � contrapponendo l'ultimo Schelling all'idealismo, ma considerandolo invece come il
1 M. HEIDEGGER, Schelling: Vom Wesen der menschilichen Freiheit (1809)
Prankfurt am Main
1988, Klostermann; ID, Schellings Abhandlung �ber das We-
sen der
menschlichen Freiheit, T�bingen 1971, Niemeyer Verlag. Il testo non � an-
cora tradotto in
italiano, mentre Jean- Fran�ois Courtine ne ha curato la traduzione
in francese: M.
HEIDEGGER, Schelling,. Le trait� de 1809 sur l'essence de la libert�
humaine, Paris ,
Gallimard 1977.
2 G. SEMBRAR!,
hisecuritas. Tecniche e paradigmi della salvezza, Milano
1982, Spirali, p.
216.
3 V. VERRA,
Heidegger, Schelling e l'idealismo tedesco, in "Archivio di filoso-
fia", 1974,
1, pp. 51-71 e P. DE VITUS, Schelling secondo Heidegger, in "Rivista di
filosofia
neoscolastica", 1975, 3, pp. 516-524.
W. SCHULZ, Die
Vollendung des deutschen Idealismus in der Sp�tphilosophie
Schellings,
Stuttgart 1955, Kohlhammer. A questo testo occorre affiancare subito,
per quanto
vedremo, il libro di K. JASPERS: Schelling. Gr�sse und Verh�ngnis,
Monaco 1956
(Neuausgabe 1986), Piper.
Page 2
116 Carlo
Tatasciore
compimento di quel
tipo di filosof�a che si possono coglier le affinit� effettive
della sua
posizione con la filosofia dell'esistenza e, in particolare, con quella di
Heidegger"
(Verra, p. 56). H Dab di Schelling e il Nulla di Heidegger hanno,
su registri
diversi, la stessa funzione: indicare la finitezza, superare Hegel e la
metafisica come
identificazione dell'essere con l'essente.
A proposito di
questo libro di Schulz nonch� dello Schelling di Jaspers,
recentemente X.
Tilliette ha evocato il suggestivo articolo che un altro esi-
stenzialista,
Gabriel Marcel, ricav� dalla loro lettura5. Con esso il Marce] tor-
nava a riflettere
sui debiti precocemente contratti con il pensiero schellin-
ghiano. Circa le
preferenze di Marcel, Tilliette ha rimarcato la favorevole im-
pressione esercitata
su di lui dal saggio di Schulz e dall'avallo di Heidegger,
dal quale apparve
"come stregato". Un filo rosso congiunge l'intuizione intel-
lettuale alla
tarda "estasi razionale" di Schelling, ma anche alla "intuizione
ac-
cecata" di
Marcel, che Tilliette precisa come "intuizione credente"6.
Il confronto di
Heidegger con l'idealismo tedesco e con le Ricerche filo-
sofiche
sull'essenza della libert� umana di Schelling, secondo Verra, mette in
luce soprattutto
l'importanza e il senso dell'idea di sistema, che per
Heidegger � divenuta centrale
nel pensiero moderno a seguito di una mate-
matizzazione che
apre al mondo della tecnica. Nonostante le cautele che
Verra invitava ad
usare nei confronti del matematismo ideal�stico, egli stesso
avvertiva che, in
ogni caso, la matematica come la intende Heidegger non
vale tanto come la
scienza che tutti conosciamo, quanto come un ben preciso
progetto di
assiomatizzazione del mondo. Un esempio eminente della
"volont� di sistema, che
per l'idealismo, secondo Heidegger, ha come fonte
diretta Kant, si
trova appunto nelle Ricerche schei li nghiane, e in una ma-
niera necessaria e
decisiva. Non che Schelling venga con ci� indentificato
semplicemente con
un punto finale, come per molti e per molto tempo � stato
il caso di Hegel.
Se in Schelling vi � "compimento", � perch� al sistema viene
finalmente
articolata la stessa libert�, apparentemente irriducibile ad esso.
Questo
"compimento" � anche l'annuncio di un "nuovo inizio": in
realt� per
Heidegger queste
Ricerche sono da leggere alla luce del "non-pensato". Tali
indicazioni
ermeneutiche permettevano a Verra di insistere sul rapporto che
Cfr., X.
TILLIETTE, Schelling e Gabriel Marcel: un "compagno esaltante", in
"Annuario
filosofico", 3, 1987, pp. 243-254; cfr. G. MARCEL, Schelling fut-il un pr�-
curseur de la
philosophie de l'existence?, in "Revue de M�taphysique et de Morale"
1957,1, pp. 72-86.
6 Si vedano: L.
PAREYSON, Lo stupore della ragione in Shelling, in
Romaticismo,
esistenzialismo, ontologia della libert�, Milano 1981, Mursia, pp.
137-180 e C.
CIANCIO, Reminiscenza ed estasi in Schelling, in "Annuario filoso-
fico", 2,
1986, pp. 97-117.
Page 3
Fondamento-abisso,
libert�-necesit� 117
la filosofia intrattiene
con la sua storia, nonch� sulla diversa valutazione di
quest'ultima da
parte di Heidegger, rispetto soprattutto a quella hegeliana.
Da parte sua P. De
Vitus tendeva a ribadire l'importanza che Shelling
ha avuto per
Heidegger. Alla fine della via heideggeriana che passa per
Schelling vi � Nietzsche. Anche
De Vitus, sottolineando la scarsit� di lavori
monografici sul
rapporto Heidegger-Schelling (la situazione attuale non �
molto diversa),
doveva riferirsi essenzialmente al testo di Schulz e
aggiungeva a
quet'ultimo soltanto la citazione di un saggio di O.
Laffoucriere, per
riportarne una dichiarazione secondo la quale Heidegger
avrebbe
riconosciuto pubblicamente in Schelling un "padre" del suo
pensiero7.
Il volume su
Schelling dimostra per De Vitus che Heidegger ha ben di-
stinto tra Fichte,
Hegel e Schelling e di quest'ultimo ha comunque valutato
positivamente
l'apertura del "nuovo inizio", anche se Schelling non � andato
cos� lontano come H�rderlin su questa
strada. Nella prospettiva scelta da De
Vitus, a risaltare
maggiormente nel libro di Schelling � il problema del male -
che deriva dal
fondamento in Dio e non da Dio stesso -, e, nel libro di Heideg-
ger, la
valutazione di tale fondamento come la possibilit� di rottura del
si-
stema, prima
ancora che ne apparisse la massima espressione, ovvero la Lo-
gica di Hegel.
L'esistenza, che Schelling articola al fondamento (Grund), �
per Heidegger
autorivelazione e, dunque, non semplice Vorhandenheit: exi-
stentia intesa
come un "aus sich Heraustreten". In secondo luogo, l'essere di
Dio � pensato
propriamente come un Geschehen, come un accadimento che
implica pertanto
un essenziale divenire. Nel nesso tra fondamento ed esi-
stenza Heidegger
ritrova inoltre un precorrimento dell'essere come
Lichtung,
"spazio aperto", "radura, in cui gli enti si fanno visibili al
pensiero e
che di per s� nasconde"8.
A tale riguardo s� pu� aggiugere che lo
stesso Heidegger ha raccontato di aver
scoperto per la
prima volta l'importanza di Schelling (e di Hegel) in relazione alla
teologia
speculativa, e precisamente grazie alla mediazione di Cari Braig, suo do-
cente di dogmatica
nel corso di teologia che comp� nel 1911: M. HEIDEGGER, Tempo
ed essere, Napoli
1980, Guida, p. 184.
Si pu� aggiungere che
negli appunti risalenti agli anni tra il 1936 ed il 1946 se
ne trova uno in
cui Heidegger si lamenta del fatto che �'existentia venga conside-
rata nella
metafisica come qualcosa di ovvio con le uniche eccezioni rappresentate
dal concetto
aristotelico di EVepYElOC (poi falsato dalla traduzione latina in
actualitas ) e,
successivamente, da Hegel e da Schelling. Per� Hegel rimane sul
piano della
"logica" e Schelling pensa l'esistenza "nella distinzione tra
Grund ed
Existenz ",
che a sua volta "si fonda pur sempre nella soggettivit�" (M.
HEIDEGGER,
Oltrepassamento della metafisica, in Saggi e discorsi, Milano 1976,
Mursia, p. 49).
Nello stesso testo, e precisamente nella conferenza del titolo: Chi � lo
Page 4
Carlo Tatasciore
Sia Verra che De
Vitiis sottolineavano l'indicazione da parte di Heideg-
ger di una
premessa non portata da Schelling fino alle sue estreme conse-
guenze ne��'Ur-Grund
(l'indifferenza assoluta) che viene posto alla base
tanto del Grund
che della Existenz e che non ammette alcun predicato. Hei-
degger scrive in
proposito: "Se l'essere in verit� non pu� esser detto
dell'Assoluto,
allora ci� comporta che l'essenza di ogni essere sia la
finitudine,
e che solo ci� che esiste in
modo finito ha il privilegio e la pena di stare
nell'essere in
quanto tale, e di esperire il vero come ente" (tr. De Vitiis, p. 523).
Pi� di Verra, invece,
De Vitiis insisteva sul problema del fondamento.
Questa nozione
occupa le numerose pagine del volume di M. Veto: Le fonde-
ment selon
Schelling 9, giacch� essa, secondo l'Autore, costituisce il tema co-
stante del
filosofare sche�linghiano. Il fondamento � condizione di
esistenza
di ogni cosa ed
anche di Dio, che per� l'ha in se stesso, come una natura. Se
l'esistenza � unit�, ordine,
luminosit� e personalit�, il suo fondamento � sem-
pre molteplicit�, oscu�it�, impersonalit�. E' opportuno
segnalare, per�, che
nonostante ci� e nonostante il
fatto che sia stato Schelling a reintrodurre ter-
mini ontologici
fondamentali, quali: Sein, Seiendes, Dasein, Existenz, Exi-
stierendes, Wesen,
il suo pensiero � giudicato da Veto sostanzialmente come
una
"reinterpretazione creativa del fichtismo" (p. 19).
"Ogni cammino
corre sempre il rischio di diventare un erramento...
Rimanga dunque in
questo buon stato di bisogno sulla via e impari, senza
sviamenti bench� nell'errare, il
mestiere del pensiero". Cos� Heidegger scri-
veva, il 18 giugno
1950, ad un giovane studente10. Si pu� dire che, dopo Hei-
degger, � "sentieri
interrotti", gli intoppi e le tergiversazioni di cui � intessuta
l'esistenza non
trovano pi� nella filosofa un luogo di possibile trasfigu-
razione, ma semmai
di pura presentazione. E' quanto in fondo si ricava anche
dalla lettura del
volume di Filippo Costa: Fondamento, ragione, abisso,
Heidegger e
Schelling (Milano 1985, F. Angeli), nel quale troviamo, nono-
stante i limiti
impostisi dal Costa, un ulteriore contributo italiano allo studio
del rapporto tra i
due filosofi, soprattutto riguardo al giudizio di Heidegger
sul "sistema
della libert�".
Zarathustra di
Nietzsche? (del 1953), compare la fondamentale citazione delle Ri-
cerche
schellinghiane: "In ultima e suprema istanza, non c'� altro essere che
il
volere" (Op.
cit., p. 74), che gi� De Vitiis ricordava.
9 M. VETO, Le
fondament selon Schelling, Paris 1977. Beauchesne.
10 M. HEIDEGGER,
La cosa (Postilla), in Saggi e discorsi, cit., p. 124.
Page 5
Fondamento-abisso,
libert�-necesit�
La metafisica del
fondamento e la sua fenomenologia sono gli argo-
menti principali
del libro,sui quali pesa l'intera storia della metafisica fatta
oggetto della nota
Verwindung heideggeriana11.
L'idea ambigua e
metaforica di fondamento tradisce la sua origine pri-
maria nel problema
del senso dell'essere in rapporto all'esserci. L'ambiguit�
del fondamento,
individuabile nei termini di ragione e abisso, �, in altre pa-
role, specchio
dell'esistenza. L'intera fenomenologia del fondamento, come
scrive Costa,
"si produce come defondazione dell'essere", e questa "coincide
con l'esser-ci,
poich�
costituisce il senso della vita umana nel suo attuarsi e
consumarsi "
(p. 8). Dove sta, qual � "il luogo proprio del fondamento"?
Questo luogo non � la scienza:
"Alla scienza non si addice il fondamento".
Questa � la conclusione a
cui si giunge tenendo conto, come fa Costa, delle ri-
flessioni di Aldo
Gargani. Nella misura in cui il fondare, il dare ragioni, nella
scienza continua a
valere come istituzione del fondamento-certezza, essa
deve liberarsene.
"Si tratta di produrre un diverso senso d� certezza scisso
dall'istanza del
fondamento", e questo senso nuovo � da rintracciare, come ha
scritto Gargani,
"all'interno della dinamica scientifica stessa", cos� da sfuggire
agli altrimenti
inevitabili schemi precostituiti di "razionalit� astratta". N�,
d'altra parte, il
fondamento assoluto pu� emergere dal diverso rapporto che
la vita instaura
con le scienze in quanto esse " 'danno fondamento' al nostro
sapere ed
agire" (p. 21). Allora, l'insoddisfazione e la ricerca umana possono
persistere e
trovar spazio in ci� che si continua a chiamare "metafisica".
Questa �, per Costa,
"l'altro rispetto alla scienza, intesa in generale come
luogo del
proprio" (p. 18). Ci� che soprattutto � ancora da tematizzare � il ne-
gativo del
fondamento, il suo essere indizio di dubbio e di rischiosit�. La pro-
posta di Costa � quindi quella di
esplorare "le possibilit� del negativo", sotto la
guida di
Heidegger, che non � filosofo della conciliazione tra ragione e abisso,
in una posizione
di incerto equilibrio tra dogmatismo e scetticismo del fon-
damento, tra la
sua pura affermazione e la sua pura negazione.
Inteso in senso
strettamente metafisico, il fondamento costituisce una
vera e propria
violenza esercitata dal pensiero su se stesso, se � vero che con
esso si va oltre
l'essere stesso, a quell"f/r Grund che, � la B�hme, pu� dirsi
anche Un Grund ,
cio� fondamento
originario come fondamento nullo. Ma
anche
nell'ecclissi della ragione, nel sacrificio del pensiero o nel
"naufragio"
nel quale si
annuncia la Trascendenza di cui ha parlato Jaspers, si rivela
11 Cfr., M.
HEIDEGGER, Oltrepassamento della metaf�sica, in Saggi e discorsi,
cit., pp. 45 e ss.
Si vedano anche le osservazioni di Vattimo sul senso di
Verwindung
contenute nel capitolo conclusivo del volume: La fine della moder-
nit�, Milano 1985,
Garzanti, pp. 180-182.
Page 6
120 Carlo
Tatasciore
nient'altro che il
lato paradossale della potenza dell'intelletto chiarificante e
fondante.
Le
"prospettive heideggeriane" sono aperte da Costa col richiamo ai due
lavori
contemporanei Was ist Metaphysik? e Vom Wesen des Grundes, pre-
sentati da
Heidegger, vent'anni dopo la loro prima apparizione (nel 1949), in
un orizzonte di
convergenza verso il problema del Nulla piuttosto che verso
quello del
fondamento. Nel frattempo, infatti, Heidegger ha operato "uria di-
struzione storica
dell'ontologia del fondamento". Pertanto il discorso riprende
da Essere e Tempo,
dove c'� sta una critica del fondamento-sostanza di Car-
tesio - inquadrato
in un ambito teorico di occultamento del senso dell'essere e
di una sua
riduzione a semplice presenza -, sia anche un'assimilazione del
fondamento alla
struttura dell'esserci, cio� alla temporalit�, e all'essere pre-
ontologico, in una
prospettiva disoccultante nei confronti dell'essere. Ma an-
che a questo
livello Costa sottolinea un'ambiguit�, quella che riguarda
l'essere stesso:
"L'essere � esso stesso il fondo e il fondamento, ma �
altrettanto la
manifestazione o rivelazione che ha luogo in ci� che �,
nell'evento, nel
mondo... e proprio nella libert� dal fondamento" (p. 33).
Alla luce dei
testi successivi di Heidegger (Der Satz vom Grund, Identi-
t�t und Differenz,
Zur Sache des Denkens, Die Technik und die Kehre, Weg-
marken e Holzwege
), Costa ripropone un percorso che tocca l'intreccio tra
esserci, ente ed
essere, quindi la differenza ontologica e il concetto di ante-
predicati vita,
che pure rientra nella problematica del fondamento. Con
Leibniz e dopo
Leibniz, sotto la guida del principium reddendae rationis, il
fondamento perde
la sua intrinseca problematicit�, mentre con Kant finisce
per trasformarsi
nel sistema del trascendentale, fino a naufragare, in Fichte,
nell'io, che
usurpa il fondamento all'essere. Nella ulteriore ricerca del fonda-
mento del pensiero
stesso si ritrova poi il mondo romantico del sentimento e
la poesia notturna
degli Inni di Novalis. Ma in Novalis il morire, la morte
della riflessione � ancora teso alla
libert�
romantica e comunque a un neces-
sario riscatto. La
defondazione dell'essere ritorna invece nella fenomenologia
husserliana:
"La filosofia � una questione strettamente personale del
filosofo".
Fa da guida un io
"ridotto" e alla fine l'esserci viene in chiaro della sua fini-
tezza: crisi
attuale della metafisica.
Se il modo in cui
l'ente si affida all'esserci � il principio di ragione, Hei-
degger rimanda
invece alla tautologia esistenziale profferita da Angelo Sile-
sio, al fondamento
senza perch�, alla gratuit�, all'essere come infondato,
Page 7
Fondamento-abisso,
libert�-necesita
121
all'abisso. Una
volta infatti che il fondamento � ridotto a principio, di esso non
resta che la
"nostalgia" nel poetare metafisico 12.
Non mancano nel
testo di Costa gli accenni alle riflessioni heidegge-
riane sull'et� atomica e
sull'oggi del nichilismo, ma lungo e complesso sa-
rebbe riferire qui
sulle sintesi compiute. Si vuol solo richiamare l'attenzione
sugli aspetti che
riguardano il modo in cui Heidegger sviluppa il tema del
fondamento a
proposito dell' "et� della tecnica essenziale". Egli impiega la
semantica del
tedesco Berg (montagna) e il modello dello scavatore: il fon-
damento � ci� che sta sotto,
nel sottosuolo, come il minerale che viene estratto
per la sua
lavorazione tecnica. In questa et� l'uomo � chiamato ad un conti-
nuo dissotterrare,
ad un continuo dar fondo al fondamento.
Considerazioni
ugualmente importanti vengono svolte a proposito del
testo ricompreso
in Sentieri interrotti, che ha per titolo la domanda di Hor-
derlin:
"Perch� i poeti? (nel tempo della povert�)". Il suo
esame �
condotto da
Costa nell'ultimo
capitolo, che � incentrato su un'altra parola filosofico-poe-
tica:
"l'Aperto" di Rilke. Nel mondo inteso come l'Aperto, la libert� (particella
"los" pi� che Freiheit ) � liberazione dal
peso del fondamento come fondo.
Qui si trovano i
due momenti dell'ente come esposto al destino del mondo ep-
pure da esso
sostenuto, e il fondamento non vale pi� come sfondo, profondit�
con possibili
sprofondamenti, ma semplicemente come l'essere-con, come la
Mitte, luogo del
mit, dell'essere-con. In termini pi� chiari, alla relazione
basso-alto si
sostituisce quella dell'orizzontalit� e della superficialit�. Rischio e
mancanza di
protezione si coniugano nell' "Aperto" di Rilke con una
interiorit� vissuta come
essenza di fondamento. Qui risiede una forma di
sicurezza, ma � solo, quella
della parola poetica. Siamo, dunque,
esplicitamente al
tema della defondazione dell'essere che percorre anche
altre vie: una
vissuta assenza di fondamento, una decisione esistenziale, uno
sradicarsi
assumendo a fondamento un non-fondamento; � la via dell'
"assenza di
Dio", rispetto a cui in Heidegger si profila un "verso dove"
ignoto,
oppure un senso
dell'esistere come "abitare" (essere-sulla-ierra ) e quindi una
rifondazione sul
vero suolo dell'esserci (la terrestrit� � mortalit�). O, ancora,
una serenit� e apertura a]
"segreto", che per� non appartiene pi� alla volont�,
ma ne � liberazione cos� come � salvezza dal
"pensiero calcolante"; o, infine, la
vera e propria
heideggeriana Gelassenheit, l'abbandono (che, si noti, �
12 Cfr. M.
HEIDEGGER, Saggi e discorsi, cit., pp. 70-71: "Nella parola Sehnsucht
noi vediamo
erroneamente una connessione con il "cercare" (suchen) e il
"sentire
un impulso".
Ma l'antica parola Sucht significa: malattia, sofferenza, dolore... La
nostalgia � il dolore della
vicinanza del lontano".
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122 Carlo
Tatasciore
termine impiegato
anche da Schelling) alle cose, attesa infondata di un
nuovo fondamento.
Nella parte
centrale del libro viene esaminato il posto decisivo occupato
da Schelling nello
sviluppo della metaf�sica del fondamento. I riferimenti
fatti sono quei
luoghi delle Ricerche filosofiche e della Filosof�a della rivela-
zione, dai quali risultano
la problematica del Grund-Abgrund, del fonda-
mento-abisso e la
questione del cominciamento della filosof�a �eWUr-Sein
che � volere. Ed � nel quinto
capitolo ('Schelling e il riscatto dall'abisso') che
Costa affianca
alla lettura di Schelling quella del testo heideggeriano su
Schelling. H
fulcro della trattazione � rappresentato dal problema del male. E'
nell'essere
dell'uomo, infatti, che, secondo Schelling, la negativit� del fonda-
mento viene a
completa manifestazione. Ma il fondamento custodisce anche
la libert�, in quanto questa
�
libert� del
bene e del male. C'� un passo decisivo
di Schelling che
in propasito va ricordato e che non si trova nel testo di Costa:
"il male,
come tale, non pu� costituire il fondamento, e ogni creatura cade per
propria
colpa"13. Secondo la lettura heideggeriana, con il problema del male
e della libert� emerge un
"fondo oscuro dell'entit� doll'ente", ovvero "ci� per
cui esso resiste
alla razionalit� del sistema". H pensiero del male sorregge
anche l'idea di
creazione, nel senso che al 'pessimismo metafisico' Schelling
oppone un
'ottimismo della creazione', giacch�, secondo la teoria esposta
nelle Ricerche,
alla volont� del fondamento contrasta l'amore di Dio, il quale
ha "consumato
in s� il
suo fondamento", dando spazio alla volont� creatrice.
Commentando un
brano di Heidegger, Costa rileva come il problema del
male venga a
prospettare "un pi� d'essere oltre l'esser determinato secondo
leggi e fondamento
di ragione" (p. 136). Il pensiero del male � un'intuizione
teologica
imprescindibile per Schelling. Ma il problema idealistico del si-
stema richiede a
questo punto la comprensione in esso anche del negativo
esistenziale.
Perci�
Schelling intende il fondamento o il male "come potenza
che non pu� mai tradursi in
atto". Comunque, n� in Schelling n� in Heidegger
si ha una
filosofia del dolore. Anzi, "per virt� del negativo del fondamento la
ragione cede
all'abisso e ha cos� contatto con l'Assoluto" (p. 138). Nel ritorno
dalla pura idealit� alla realt�, il fondamento
riacquista la sua negativit�, poi-
ch�, come scrive
Schelling, "il fondamento delle cose pu� consistere soltanto
in un
allontanamento, in una caduta dall'Assoluto". Al limite di questo allon-
tanamento � posto l'io,
l'egoit�, "fondamento indiretto della finitezza, che non
ha alcun
fondamento diretto o proprio" (p. 141). H fondamento finisce cos�
13 F. W.
SCHELLING, Ricerche filosofiche sulla essenza della libert� umana,
tr. it. di S.
Drago Del Boca riv. da G. Semerari, Bari 1974, Laterza, p. 56.
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Fondamento-abisso,
libert�-necesita
per essere, nel
pensiero di Schelling, non la ragion d'essere delle cose, ma del
loro non-essere.
Nel complesso si pu� dire che Costa mette in rilievo anche a
proposito di
Schelling l'ambiguit� che accompagna il fondamento. Anzi,
"senza un
costante disagio teoretico non ci si pu� avvicinare all'idea schellin-
ghiana di
fondamento. Essa ripete in s� l'insoluto contrasto di ragione e
abisso che fa il
senso dell'esserci umano" (p. 159). In Schelling il sentimento
privilegiato del
fondamento � la "melanconia", la
"depressione", in quanto ci�
che d� una qualche
stabilit� alla vita � inerzia, natura, passato, attrazione
verso il
fondamento e, quindi, distrazione dall'estrinsecazione propriamente
vitale. In
Schelling, del resto, oltre l'abisso (il fondamento come abisso), c'�
anche il riscatto
dall'abisso per l'azione della luce divina, ovvero della con-
nessione
razionale. H fondamento assume la figura del sistema. Schelling
dunque propone il
sistema e al contempo il fondamento che ne rompe la ne-
cessit�, aprendo invece
il senso dell'esistenza. Ma � qui forse opportuno con-
cludere con un
brano di Costa che riassume il punto di vista di Heidegger,
centrato sul
significato ontologico del sistema: "L'essenza del sistema � la vo-
lont� di conquista, di
potenza. H senso ontologico del sistema si trova spiegato
in questa riduzione
alla soggettivit� volente, della quale non si d� pi� ragione,
poich� essa, come vide
Schelling, altro non � che la volont� del fondamento, il
fondamento
esistente nella sua eterna impossibilit� di accedere all'esistenza
luminosa. Ma
Heidegger lascia cadere il momento salvifico e risolutivo della
metafisica
schellinghiana del fondamento. Alla fiducia di Schelling nella
chiarificazione
intellettuale, sostenuta dall'amore di Dio, si sostituisce in
Heidegger l'eco
rinnovato della potenza del fondamento nelle figure costrit-
tive del sapere
razionale" (p. 156).
Anche al di l� della
interpretazione che Heidegger ha elaborato della
schellinghiana
filosofia della libert�, � possibile affermare - come ha fatto
Giuseppe Semerari
- che il suo pensare � "la prosecuzione novecentesca della
filosofia
schellinghiana"14. Nel suo volume dal titolo: Libert� dell'uomo e
necessit� dell'essere.
Heidegger interpreta Schelling (Bari 1988, Ecumenica
Editrice),
Costantino Esposito preferisce parlare di "affinit� elettiva"
tra i due
filosofi, affinit� che si rivela
soprattutto nella volont� di decostruire la
metafisica
moderna. Con Schelling, secondo Heidegger, si affaccia
14 G. SEMERARI,
Teoresi e poeticit�. La semantica schellinghiana della natura,
"Paradigmi",
III, n. 9, sett. - die. 1985, p. 359.
Page 10
Carlo Tatasciore
l'oltre passam en
to della metafisica, nel senso di un fatto destinale che rigu-
arda l'essere nel
suo darsi nell'epoca moderna. Non � dunque affatto casuale
che venga a
presentarsi nella sua radicalit� il problema della libert�, la quale,
intesa
metafisicamente e in rapporto al sistema, non � una semplice qualit�
dell'uomo, ma
semmai la fonte della sua stessa essenza, o, nei termini di Hei-
degger, una
"determinazione del vero e proprio essere in generale". Per la
prospettiva
assunta dall'Autore ed evidenziata nel titolo, e per fornire un qua-
dro il pi� possibile vario
delle problematiche di cui si sostanzia il rapporto
Heidegger-Schelling,
�
utile in questa sede mettere in luce alcune riserve, o
forse
preoccupazioni, che vengono avanzate da C. Esposito nei confronti di
Heidegger lettore
di Schelling. Centrale ci sembra per l'Autore la valutazione
del rapporto di
Schelling con il cristianesimo, nell'ambito della ricostruzione
che Heidegger ne
fornisce. Alla fine di un percorso puntuale e preciso, dal li-
bro di Esposito
emerge la volont� di rivendicare la positivit� di un
"mistero".
E precisamente del
mistero di cui il cristianesimo viene privato da Heidegger
quando egli lo
riduce a morale e riferisce la sua apertura metafisica all'esser
stesso. Il
cristianesimo viene ad essere "un evento necessario nella storia
dell'essere, che
interpreta in una certa maniera un'attitudine pre-cristiana
della
metafisica" (p. 99). Come lo stesso Heidegger scrive: "la teologia
cri-
stiana � la
cristianizzazione di una filosofia extra-cristiana, e... solo per questo
motivo questa
teologia cristiana ha potuto anche essere nuovamente secola-
rizzata"
(cit. a p. 45). Siamo rinviati subito alla ontoteologia e al problema car-
dine che con
Schelling viene in primo piano: quello appunto della libert�. Si
tratta altres� della valutazione
del panteismo schellinghiano, basato sulla
identit� "v�vente" (e non
medesimezza) di Dio e Tutto, di Dio e uomo
(V 'indipendente
dipendente'), e sulla "finitezza strutturale dell'essere stesso".
La interrogazione
radicale portata avanti da Schelling sul sistema, attraverso
la focalizzazione
della fondamentalit� della libert�, viene a rinnovare la do-
manda sull'essenza
dell'uomo, del mondo e di Dio, ovvero sull'essenza
dell'essere
stesso. La finitezza di ci� che � in Dio tocca Dio stesso. E questo
Dio, che non � ma diviene se
stesso, non � l'essere nel senso della mera pre-
senza (interesse
decisivo di Heidegger per Schelling!), giacch� nell'essenza
dell'esser stanno
il divenire, la libert� e il male. "L divenire - scrive Heidegger
- � un modo di
custodire l'essere". Con Schelling si afferma pertanto un
nuovo concetto di
creazione: divenire se stesso di Dio che richiede l'uomo e
con lui la libert� del bene e del
male; libert� non � qui libero arbitrio, ma anzi
la necessit� suprema in seno
al sistema, esso stesso per Heidegger struttura e
destino
dell'essere. Il punto problematico decisivo � allora la opzione filoso-
fica di Schelling
e di Heidegger, secondo cui la libert� dell'uomo non esclude
Page 11
Fondamento-abisso,
libert�-necesita
125
la necessit�, anche se questa
non �
costrizione. Per brevit� si pu� citare diret-
tamente Schelling,
che a sua volta evoca il De servo arbitrio di Lutero: "Che
Giuda divenisse
traditore di Cristo, non lo poteva cambiare, n� lui stesso n�
una creatura, e
tuttavia egli non trad� Cristo per costrizione, ma volontaria-
mente e in piena
libert�".
In altre parole, non c'� costrizione n� puro caso, ar-
bitrariet�. Esposito spiega:
"Gli � che la necessit�, per Heidegger come per
Schelling, � una dinamica
tutta immanente all'essenza, � l'essenza stessa di un
ente che esiste
volendo se stesso. La necessit�... � un concetto di auto-movi-
mento, un
divenire, appunto, il cui contenuto - ci� che diviene - consiste in
una progressiva
immanentizzazione della propria essenza " (p. 87). Ma se si
ammette per un
momento questo, e si aggiunge anche la "necessit� epocale",
il
"destino" e cos� via, non risultano necessariamente deboli le
obiezioni che
poi vengono mosse
nei confronti della divinizzazione operata da Heidegger
di un essere che
non � n� personale n� infinito, ma -
nei termini di Esposito -
non-sussi stente,
necessario e insuperabile? O alla scomparsa della "realt� mi-
steriosa di una
responsabilit� personale"; o, ancora all'offuscamento della
"umanit�
stessa della libert�" (p. 96)?
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